domenica 10 ottobre 2010

Niente di nuovo a Copenaghen

originariamente postato su Spaces il 11/12/2009
 All’incontro dei "grandi dirigenti mondiali" svoltosi a Copenaghen, malgrado tutte le aspettative di accordi risolutivi per i problemi del riscaldamento climatico che ci erano state prospettate negli ultimi mesi, non si è giunti a niente. E tutto sommato, meno male! Ancora una volta si è dimostrato come la lotta per l’accaparramento delle risorse economiche è la forza motrice nell’essere umano. Il discorso che abbiamo sentito è stato all’incirca questo.Da parte dei paesi più ricchi: il problema sono i tassi di crescita nei paesi in via di sviluppo che devono rallentare la loro crescita.Da parte dei paesi più poveri: il problema sono i paesi più industrializzati che devono ridurre la loro capacità produttiva.Un bel discorso tra sordi ottusi. E non c’è nulla di cui stupirsi; come potrebbero arrivare ad un accordo i nostri "grandi governanti" se pretendono di impostare la loro discussione su un tema specifico che non c’entra nulla con le loro reali intenzioni. Infatti quello che qui interessava era, come al solito, la maggiore o minore disponibilità di risorse e non il problema dell’inquinamento.Va poi notato che in questa occasione il problema dell’inquinamento, se considerato nel suo significato più esteso, non era nemmeno fonte di dibattito. Qui si parlava solo ed unicamente delle emissioni di gas ad effetto serra come ad esempio l’anidride carbonica. Si, perché da qualche anno a questa parte, ormai e purtroppo, l’unico problema sono i gas ad effetto serra che provocherebbero il surriscaldamento del pianeta. Quasi come se le variazioni climatiche sulla terra fossero una novità degli ultimi dieci o venti anni.In realtà nella storia della terra si sono susseguiti periodi più caldi ed altri più freddi. Ne è prova il fatto che si sono avute varie epoche in cui gran parte del mondo era ricoperto dai ghiacci (le ere glaciali). Durante gli ultimi due o tre mila anni non ci sono stati variazioni così importanti di temperatura, ma si sono comunque alternati periodi in cui la temperatura variava di alcuni gradi in più o in meno rispetto alla temperatura attuale. Nel medio evo la temperatura media in Europa era sicuramente maggiore di quella attuale. Le alpi si potevano attraversare durante tutto l’anno attraverso i valichi che oggi sono impraticabili per gran parte dell’anno. Carlo Magno fu incoronato imperatore nella notte di natale dell’ottocento e per rendersi a Roma con il suo esercito dovette attraversare le alpi in pieno inverno; la Groenlandia, oggi quasi interamente ricoperta dai ghiacci, fu così chiamata (terra verde) dai vichinghi che la colonizzarono. La penultima variazione del clima è avvenuta intorno al quindicesimo secolo e ha dato avvio ad un periodo particolarmente freddo che si è protratto fino alla fine del diciannovesimo secolo. Si tratta di un periodo chiamato dai geografi "la piccola era glaciale" durante il quale i ghiacciai si sono particolarmente allungati, fino a minacciare alcuni centri abitati. L’inversione di tendenza è avvenuta all’incirca all’inizio del ventesimo secolo quando i ghiacciai hanno smesso di estendersi ed hanno cominciato lentamente a ritrarsi. A quell’epoca in Europa la rivoluzione industriale era certamente già compiuta, ma la situazione globale sul pianeta (industrie presenti solo in alcune zone geografiche, estensione delle foreste, ecc.) era tale per cui questa variazione climatica non può essere attribuita alle attività umane. Si tratta di una delle tante inversioni di tendenza nel clima che si ripetono fin dalla notte dei tempi. Ovviamente negli ultimi anni l’effetto di questo piccolo riscaldamento è diventato visibile a tutti. In modo particolare nelle alpi i ghiacciai, che durante la "piccola era glaciale " si erano estesi fino a raggiungere quasi il fondo valle, si sono ridotti e ora il loro fronte si trova più a monte dove non arrivano le automobili e quindi quasi nascosti alla vista dei turisti. Molti di noi si ricordano che da bambini vedevano dalla strada la possente lingua glaciale scendere dalla montagna ed ora non c’è più. Il clima terrestre è in una fase di aumento della temperatura, questo è innegabile.Da circa venti anni alcuni scienziati sostengono che questo riscaldamento sia dovuto principalmente, o almeno in parte all’aumento nell’atmosfera terrestre dell’anidride carbonica e che questo sia conseguenza delle attività umane. L’anidride carbonica viene prodotta in praticamente qualsiasi attività chimica, compresa quella biologica. La vita, così come si è sviluppata sulla terra, utilizza delle sostanze (carboidrati) che "bruciate" nelle cellule producono come prodotti della reazione, tra l’altro l’anidride carbonica. Gli animali e quindi anche l’uomo espellono questo rifiuto della loro attività biologica attraverso la respirazione. L’anidride carbonica, per sua natura è una molecola poco reattiva e quindi molto persistente nel tempo. I vegetali, utilizzando l’energia fornita dal sole, attraverso la fotosintesi clorofilliana scindono la molecola dell’anidride carbonica nelle sue due componenti: ossigeno e carbonio. L’ossigeno viene nuovamente immesso nell’atmosfera ed il carbonio immagazzinato dalle piante per la costruzione delle sue parti e per permettere il proprio accrescimento. Proprio questo immagazzinamento del carbonio all’interno delle piante è alla base della teoria. Infatti noi stiamo bruciando da parecchi anni ed in quantità sempre crescente quel carbonio che le piante avevano immagazzinato al loro interno; si tratta del petrolio che trova la sua origine proprio in grandi quantità di vegetali che in epoche remote si sono trovate interrate in condizioni molto particolari. A questo si aggiunga il consumo di carbone fossile, di metano e la progressiva distruzione delle grandi foreste. Tutto questo porta ad una maggiore concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera proprio quando vi sono minori quantità di vegetali in grado di riassorbirla. E’ ancora tema di dibattito tra gli scienziati se l’anidride carbonica stia realmente aumentando nell’atmosfera e se questo processo sia irreversibile o se vi siano processi a noi ancora non noti che possano riportare il sistema in equilibrio. E’ parimenti tema di dibattito se un eventuale piccolo aumento dei gas di carbonio possa avere effetti reali sul riscaldamento climatico. Ma chi se ne importa. in realtà questo non è il problema. Se questo fosse il problema dei "grandi governanti" il dibattito non ci sarebbe nemmeno. Sarebbe sufficiente decidere che da domani non si utilizzano più ne petrolio ne carbone. La situazione è molto più complessa. La questione delle emissioni di anidride carbonica viene utilizzata dai paesi più industrializzati come un’arma economica nei confronti dei paesi più poveri.Il grande inganno è compiuto. Tutto il male della terra deriva dal consumo di prodotti che emettono anidride carbonica e quindi in primo luogo se ne limita la produzione imponendo ai cittadini una tassazione sullo stesso. Il secondo passo è quello di impedire ai paesi più poveri di accrescere il loro consumo energetico. Il trattato di Kyoto introduceva una limitazione teorica alla produzione di anidride carbonica. Teorica perché una impresa situata in uno stato tra quelli più industrializzati può scegliere se investire in impianti meno voraci di energia o se "acquistare" da paesi in via di sviluppo o decisamente poveri il diritto alle emissioni. In termini puramente matematici si riducono le emissioni (o perlomeno il loro progressivo aumento) lasciando inalterato il quantitativo emesso nei paesi ricchi ed impedendone la crescita nei paesi più poveri. Il tutto regolato dalle leggi del mercato e su base puramente volontaria. Tralasciando gli aspetti etici di un simile comportamento si arriva a lungo termine ad una situazione in cui le imprese situate nei paesi più ricchi riducono la possibile concorrenza delle imprese situate nei paesi più poveri non solo attraverso la migliore capacità tecnica ma anche attraverso l’oligopolio sull’utilizzo delle fonti energetiche. Il recupero del capitale investito nell’acquisto del diritto alle emissioni avviene in seguito attraverso la vendita di parte dei propri prodotti proprio ai poveri della terra.La questione delle emissioni di gas carbonico viene riutilizzata condita con tutte le salse possibili. E la massa degli imbecilli se ne rimpinza ben bene libando alla salute del dio consumo. Così alle prime avvisaglie di crisi del mercato dell’auto, piuttosto che investire sui trasporti pubblici (che brutto termine, sarebbe meglio dire collettivi) ecco che saltano fuori dal cilindro magico il riscaldamento climatico, le emissioni di anidride carbonica e tutte le paure che possono incutere ai poveri di spirito. "Compratevi l’automobile nuova che salverà il pianeta. Con gli incentivi non è poi cosi dispendioso". Suvvia fratelli miei, libiamo ancora e ancora alla salute del dio consumo fino a diventare totalmente ebri; fino a perdere la ragione, a credere che tutto è stato risolto, a non renderci conto che il problema è molto più complesso.

martedì 5 ottobre 2010

Je m'en moque - 2 parte - La miserabile esistenza di Luise Sochiot

Dopo il saccheggio della Valle d’Aosta da parte delle truppe francesi comandate dal maresciallo de La Huguette, si sparse dovunque la notizia che la causa stessa del saccheggio fosse stata la tagliente risposta di Théophile Sochiot: "je m’en moque". Ovviamente Théophile non aveva colpa alcuna ma come si sa, fa sempre comodo trovare un capro espiatore per le proprie disgrazie. Fu così, che accusato ingiustamente, Théophile dovette fuggire dalla Valle d’Aosta. Théophile era da poco rimasto vedovo ed aveva una sola figlia, Luise che fuggì insieme a lui. Si diressero verso il sud della Francia dove i suoi avi avevano abitato prima di lui. L’intenzione di Théophile era di recarsi a Marsiglia e da lì cercare di emigrare nel nuovo mondo. Arrivarono nella città mediterranea a tarda sera e Théophile poco prudentemente non pensò ad aspettare il giorno seguente per entrare in città e cercare alloggio in attesa della partenza. Entrati in città furono aggrediti da un gruppo di malfattori che per derubarli di tutti i loro averi, uccisero Théophile. Luise venne violentata dal gruppo e massacrata di botte fino ad essere lasciata per morta. Si risvegliò alcuni giorni dopo in un letto del convento delle suore dove era stata portata da qualcuno che al primo mattino l’aveva trovata esanime. Seppe dalle suore che era ormai rimasta sola. Dopo essere guarita dalle ferite fisiche si ritrovo, ancora adolescente, senza risorse e in mezzo alla strada. Non ancora guarita dalle ferite psicologiche conseguenti alla brutale aggressione si ritrovo dopo poco tempo ad esercitare "il più antico mestiere del mondo". Furono anni davvero difficili per lei, durante i quali rimpianse più volte di non essere morta. Certi volte si chiedeva se per lei che era stata abituata da bambina all’agio della vita borghese, che l’attività professionale di suo padre le garantiva, valeva la pena di vivere una vita del genere. Sempre la risposta era ancora quel motto medioevale che era stato quello dei suoi avi: "je m’en moque". A dispetto del degrado più completo nel quale era costretta a vivere Luise rimaneva una bella ragazza dotata di una buona cultura. Fu notata da un ricco mercante che quando era di passaggio a Marsiglia non mancava di "farle visita". E infine si decise a fare di lei la sua "maitresse". Le procurò un piccolo appartamento nella città di Orleans, modesto e riservato dove poterla incontrare in tutta tranquillità quando ritornava dai suoi viaggi. Il mestiere di Luise non era cambiato ma non era più obbligata a soddisfare tutti gli uomini che le si presentavano, poteva persino immaginare di essere tornata a far parte della buona società. Il denaro che le dava il suo amante non le permetteva di vivere agiatamente ma in modo perlomeno decente. Dopo aver sperimentato la povertà e le umiliazioni peggiori Luise era tuttavia timorosa che il suo amante si stancasse di lei e quando le capitò l’occasione diventò l’amante di altri uomini, facendo credere ad ognuno di essere l’unico a cui si concedeva. Questo le permise di risparmiare un piccolo capitale e le dava la sicurezza di non dover ritornare nel marciume da cui era uscita così difficilmente. Da uno di questi uomini ebbe una figlia, Anne. Anne era molto bella ed intelligente, ma figlia di una donna non sposata e con un passato poco chiaro alle spalle non poteva certo aspirare, rimanendo ad Orleans, di entrare a far parte della buona società. Per lei il futuro poteva al limite significare praticare il lavoro della madre. Ovviamente Luise non voleva una vita simile per la figlia. Fu lei a trasmettere ad Anne tutte le conoscenze che aveva acquisito da ragazzina, quando essendo figlia di uno stimato notaio poteva permettersi di studiare. Tra le nozioni culturali che Luise trasmise alla figlia vi erano anche notizie storiche sull’origine della famiglia. Al momento dell’uccisione di Théophile erano andati persi i documenti che di generazione in generazione erano stati ricopiati e trasmessi sin dal momento in cui Terzius si era stabilito ad Augusta Paetoria. La frammentarietà delle notizie storiche sulla famiglia è determinata dal fatto che Luise riuscì a trasmettere alla figlia soltanto alcuni eventi che a lei erano stati impressi in maniera indelebile quando aveva avuti occasione di leggere la storia della sua famiglia. Con Luise il motto dei De Socio si estese anche alla stessa storia famigliare: ne Luise ne nessuno dei suoi discendenti, almeno fino ad oggi, scrissero mai più la storia di questa famiglia. Ad ogni generazione, tra distorsioni e dimenticanze, qualche nuovo pezzetto dell’epopea andava persa.
Diventata una donna adulta Anne decise di lasciare Orleans. Luise vedeva così realizzato dalla figlia quello che qualche decennio prima era stato il desiderio di suo padre: trasferirsi nel nuovo mondo. In quegli anni i francesi avevano fondato in America una colonia ed una piccola città che aveva preso il nome dal duca di Orleans, all’epoca reggente del regno di Francia: Nouvelle Orleans. In Francia, nella "vecchia" Orleans, la cosa aveva una grande rinomanza ed è proprio nella Nouvelle Orleans che Anne decise di emigrare. La possibilità di una vita migliore per sua figlia convinsero senza difficoltà Luise a donare alla figlia la maggior parte del piccolo capitale risparmiato per finanziare il viaggio. Anne si imbarcava poco dopo a Marsiglia su uno dei tanti velieri che portavano, tra tante difficoltà, gli immigranti nel nuovo mondo. Mentre la nave si allontanava lentamente sul mare, dal molo Luise salutava agitando un piccolo fazzoletto. Sapeva che non avrebbe mai più visto la figlia; una piccola lacrima scendeva sulle guance ormai rugose. Era la prima volta che piangeva da quella terribile sera in cui era arrivata per la prima volta in quella città. Ora tutto andava come doveva, ora le ferite potevano guarire.
To be continued….