martedì 24 agosto 2010

Il cromlech del Piccolo San Bernardo: le ultime scoperte

La regione della Valle d'Aosta, anche per via delle altissime montagne che la circondano e che sono le più alte dell'Europa, è stata considerata fin dall'antichità come un luogo di particolare vicinanza agli dei. Sono molte le testimonianze in epoca antica che fanno riferimento alle divinità celtiche prima e romane in seguito. A dimostrazione di questo basti pensare che i due passi più importanti della regione sono stati intitolati prima agli dei Pen e Giove ed infine, in epoca cristiana, a san Bernardo. Fin dalla fine dell'ultima glaciazione gli uomini, ancora in parte nomadi hanno colonizzato la regione. Le popolazioni che si sono susseguite portavano le proprie credenze, la propria cultura e con il passare del tempo facevano proprie parte delle usanze delle popolazioni che li avevano preceduti. Con il passare dei millenni si è venuta così a creare una particolarissima identità culturale intrisa di credenze ed usanze ancestrali, alcune delle quali sono evidentemente giunte fino a noi deformate e reinventate per via dei continui apporti culturali che via via sedimentavano sugli strati sottostanti.


Le fondamenta culturali della popolazione valdostana si possono far risalire al periodo neolitico, ad un periodo che va dai cinque mila ed i tre mila anni prima dell'inizio della nostra era. Si tratta del periodo in cui le popolazioni nomadi giunte chissà come in Valle d'Aosta cominciano ad adottare modi di vita stanziali. Il clima era più caldo di quanto non sia oggi e malgrado le difficoltà di sfruttamento del territorio si sviluppano l'agricoltura e la pastorizia. Intorno al terzo millennio prima di Cristo fiorisce in tutta la valle una civiltà megalitica. Questi uomini, che arrivavano probabilmente da altre regioni sono i costruttori dei grandi apparati di pietre, spesso di dimensioni notevoli. Se le costruzioni megalitiche sono riscontrabili in tutta Europa va tuttavia osservato che quelle presenti in Valle d'Aosta presentano caratteristiche del tutto particolare, dovute evidentemente al recupero della cultura preesistente nel territorio. Ne sono un esempio caratteristico i siti dell'area megalitica di St. Martin de Corléans ed il cromlech del Piccolo San Bernardo.

Gli studiosi che si sono susseguiti nella ricerca in questi due siti sono sempre stati d'accordo sul fatto che questi luoghi dovevano essere rappresentazioni simboliche della vita, probabilmente piccoli osservatori astronomici in grado di misurare la ciclicità delle stagioni. Ricordando quanto detto prima relativamente alla ipotetica vicinanza degli dei a questo territorio ed alla grande importanza che le popolazioni preistoriche dovevano dare ai cicli vitali si è anche supposto che nell'area di St. Martin de Corléans fosse presente una serie di incisioni rappresentanti simbolicamente una aratura ed una serie di pali che sempre in modo simbolico potevano rappresentare il tempo della raccolta. In seguito le rappresentazioni sono cambiate e più che far riferimento al naturale susseguirsi dei cicli naturali dell'agricoltura, si è iniziato a far riferimento agli uomini stessi con le steli antropomorfe e le dispersioni di denti. Infine la zona venne utilizzata per le sepolture. Mi pare interessante, per terminare questa doverosa introduzione, notare come nell'area megalitica di St. Martin vi sia stato un evoluzione nell'utilizzo. Inizialmente dedicata ai riti collegati con la "madre terra" quando il gruppo di esseri umani è cresciuto in numero e si sono resi necessari sistemi di organizzazione sono emerse, all'interno del gruppo, delle figure di riferimento il cui culto è attestato dalle steli antropomorfe. Il passaggio seguente è relativo al culto non della persona ma del suo ricordo, nel tentativo per i potenti di raggiungere in un certo modo l'immortalità, attraverso sepolture particolarmente elaborate.

Ancora più interessante e misterioso è il cerchio di pietre, denominato cromlech, presente al colle del Piccolo San Bernardo. Durante gli studi svolti recentemente sull'area sono infatti giunto ad alcune conclusioni che inizialmente mi hanno lasciato alquanto perplesso. Le mie conclusioni derivano innanzi tutto dalle rilevazioni della posizione delle pietre, resa particolarmente difficile per via del fatto che alcune sono sicuramente state mosse (forse aggiunte) e altre mancanti. Si è pertanto resa necessaria, a partire dalle osservazioni in sito la ricostruzione il più fedelmente possibile di quella che doveva essere la loro posizione originaria. Uno dei motivi di interesse per il cromlech del Piccolo San Bernardo è la sua ubicazione. Posto in un luogo che era intitolato al dio delle montagne e dei viaggi si è pensato in passato che potesse essere una specie di luogo sacro dedicato a riti religiosi. Alcuni hanno anche ipotizzato che questo cerchio di pietre potesse essere un piccolo osservatorio astronomico, ipotesi che ho scartato immediatamente proprio per via della posizione, che per tale scopo ritengo non adatta. Ritengo più interessante notare che il cromlech si trova in una zona per così dire di "passaggio". Il colle rappresenta per se stesso un luogo geografico dove si passa da un ciclo all'altro per l'inversione salita-discesa. Le condizioni geografiche sui due lati del colle sono totalmente diverse. Ma il colle è anche il luogo d'incontro tra coloro che abitano sui due versanti della stessa montagna e che da essa sono riuniti. Infine si noti che il colle era intitolato al dio delle montagne e dei viaggi. Le mie osservazioni hanno tenuto conto anche della particolare situazione geografica della zona del colle. Il cerchio di pietre si trova in un certo modo inserito nell'arco naturale formato dalle montagne che lo circondano. Altro punto di interesse e di comparazione con gli altri siti megalitici come ad esempio quelli del nord ovest della Francia è dato dal fato che le pietre che lo compongono sembrano provenire dalla zona stessa del colle. Questa è una situazione atipica: per motivi che a noi sfuggono completamente, molti monumenti megalitici sono realizzati con massi provenienti anche da grande distanza. Nel caso del piccolo San Bernardo sono presenti, anche non troppo distanti, rocce con caratteristiche totalmente diverse da quelle presenti in loco che si sarebbero potute portare fino al colle, sempre che il monumento fosse nato per gli stessi motivi che hanno determinato la costruzione di altri monumenti. Il cerchio infine si trova esattamente nel punto di separazione delle acque. Tutte queste ed altre osservazioni mi hanno portato a ipotizzare che il cerchio sia nato per esigenze pratiche, senza troppe attenzioni al materiale utilizzato e dando viceversa maggiore importanza alla sua posizione e all'utilizzo. Il colle, punto di passaggio simbolico e di incontro tra le varie popolazioni doveva essere utilizzato per riti propiziatori ai quali partecipavano le popolazioni poste sui due lati della montagna e che in qualche modo condividevano la stessa cultura. Le successive analisi condotte in loco hanno fatto nascere una nuova ipotesi peraltro confermata dalle ricerche. Al colle si svolgevano, per motivi religiosi o sociali, dei combattimenti simbolici. Non è possibile determinare la ragione di tali combattimenti, ma certamente interessavano le popolazioni residenti sui due versanti che si incontravano esattamente nel punto di spartizione delle acque. Ulteriori indagini hanno portato ad una scoperta inaspettata. Questi combattimenti rituali avvenivano attraverso il combattimento di bovine. Se a prima vista questo può sembrare strano va ricordato che stiamo parlando di popolazioni che avevano acquisito da poco la tecnica della pastorizia che risultò importate per assicurarsi un apporto nutritivo costante.

Questa scoperta è particolarmente importante se si pensa che ancora oggi, in Valle d'Aosta, gli allevatori organizzano combattimenti tra le vacche che si svolgono principalmente in improvvisate strutture di forma circolare. Ed è forse per qualche reminiscenza atavica che uno di questi incontri avviene proprio al colle del Piccolo San Bernardo, poco lontano dal cromlech? Quella delle battaglie tra bovine è una usanza particolarmente radicata nella cultura tradizionale valdostana. Mi sono chiesto se le battaglie attuali potessero in qualche modo essere collegabili ai combattimenti rituali che si svolgevano nel neolitico e come potesse, questa usanza, essere arrivata fino ai giorni nostri.

Ad Aosta come in molte città di nuova costruzione, i romani costruirono anche un anfiteatro. Forse è stata la forma arrotondata come il cromlech o forse il disinteresse della popolazione locale per i combattimenti tra gladiatori ma sta di fatto che si è dimostrato, attraverso le ricerche archeologiche, che nell'anfiteatro romano di Aosta si svolgevano anche combattimenti di vacche.

Le ultime scoperte sull'uso del cromlech del Piccolo San Bernardo e dell'anfiteatro romano dimostrano come quella della battaglia tra vacche sia in valle d'Aosta un'usanza che affonda le radici nel passato più remoto. Diventato inutilizzabile per via del peggioramento delle condizioni climatiche il cromlech, i combattimenti si sono spostati nel fondo valle dove alcuni anni fa è stato costruito addirittura un nuovo luogo di combattimento: l'arena di Aosta che riunisce in se le forme del cromlech, dell'anfiteatro e quelle circolari che naturalmente gli allevatori realizzano quando organizzano nei pascoli i combattimenti.